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Del brigantaggio meridionale

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Nell’animosa discussione sul difficile argomento del brigantaggio, si vuole riproporre una riflessione apparsa un paio di anni fa. Viene infatti riportata nelle righe che seguono l’intervento fatto da Cosimo De Padova, che sul Giornale di Sava n. 20 del 31-10-2008, rispondeva ad Emilio Piccione che nel numero precedente ( nr. 19 del 16.2010 del Giornale di Sava) aveva accusato i briganti di esser solo una massa di sbandati e fuorilegge.

 La posizione del giovane studente sorprese a tal punto De Padova che lo costrinse ad intervenire e rispondere introducendo un confronto culturale ben più sofisticato rispetto alle solite “cantilene di rampogne fra opposte fazioni di pensiero”.

- Premesso che non ho avuto la possibilità di leggere l’articolo …. che il Piccione contesta, penso di poterne intuire il contenuto esaminando le di lui argomentazioni, le quali, oltre ad accennare a non chiarita disinformazione dei quotidiani nazionali, in sintesi mi sembrano vertere sulle seguenti questioni:
1)-  “Pizzichicchio”  e  “Crocco” nel fenomeno storico del “Brigantaggio  antiunitario”;
2)-  mancata rimozione delle cause dell’arretratezza socio-economica del Sud d’Italia.
Tralascio i concetti, pur ripetutamente espressi dal Piccione, di “etica”, preferendo citare le fonti, che per i “non addetti ai lavori” sono i libri e di “ignoranza”, che denota arroganza, e provo ad  esprimere il mio pensiero in proposito. Preciso subito che  non sono uno storico (il mio mestiere è stato ben altro), ma solo un lettore che ama coltivare, sia pur modesti,  interessi culturali. Quindi:

1a) Chi era Cosimo Mazzeo, di San Marzano, detto “Pizzichicchio” ?
Era sicuramente un brigante (un capo banda) ed era stato un soldato dell’esercito borbonico, come si rileva dalla sentenza e condanna alla fucilazione, emessa nel 1864 dal Tribunale Militare di Potenza  “”,…di  Mazzeo Cosimo, alias Pizzichicchio, fu Pasquale, d’anni 27 da San Marzano (Lecce), soldato della Leva del 1858, sbandato del 5° Battaglione Cacciatori della disciolta Armata delle Due Sicilie…”” ( v. Gaetano Pichierri :” Resistenza Antiunitaria nel Tarantino”   – Lacaita editore – Manduria 1988).
1b) Chi era Carmine Crocco Donatelli di Rionero in Vulture ?
Era sicuramente un Brigante ( un “Generale”; uno dei più famosi) ed era stato militare dello esercito borbonico, come si rileva dalla  sentenza della corte d’assise  di  Potenza  di condanna a morte, commutata  in condanna  ai  lavori forzati a vita,  per Regio Decreto 13 settembre 1874  “”…di Crocco Carmine Donatelli, del fu Francesco, e di Maria Gerarda Libutti, di anni 43, pastore di Rionero in Vulture, sa scrivere, scapolo, impossidente, è stato militare col grado di caporale sotto il passato Governo…””  ( v.  Carmine Crocco – Io, Brigante -  Con la controbiografia di Basilide Del Zio -  “Autobiografia”curata dal Capitano Eugenio Massa che desta qualche perplessità.)

Conseguentemente e più compiutamente, sorge la domanda: chi erano i Briganti  e cosa è stato il Brigantaggio Meridionale?
Gianni Custodero, nella presentazione della ristampa (Editore Capone,Lecce,2001) del libro di Abele  De Blasio “Storie di Briganti” (titolo originario “Brigantaggio tramontato” – Napoli 1908) così scrive: “…sul brigantaggio s’è scritto di tutto…c’è da riempire intere biblioteche. Se ne sono occupati meridionalisti e militari, il legittimista G. De Sivo e A. Gramsci, S. Di Giacomo e B. Croce e A. Dumas, venuto a Napoli con Garibaldi…scrittori più recenti, da C. Caianello a L. Sciascia  a R. Nigro de  “I fuochi del Basento”… ed io aggiungerei  da M. Monnier a T. Pedio, da Molfese  a Pasolini, a D. M. Smith  (Storia d’Italia dal 1861 al 1997 – ed.Laterza).
Non per concludere, cosa impossibile, ma per non abusare molto della pazienza degli improbabili lettori, ecco cosa scriveva Francesco Saverio Nitti in “Eroi e Briganti”  nel 1899 : “””…ma vi è stato un paese in Europa in cui il brigantaggio è esistito si può dire sempre  e non è finito se non ai giorni nostri; un paese dove il brigantaggio per molti secoli  si può rassomigliare a un immenso fiume di sangue e di odii, cui sono affluiti tutti i rivoli del dolore, della ingiustizia e della delinquenza; vi è stato un paese in cui per secoli  una monarchia si è basata sul brigantaggio, che è diventato come un agente storico di grande importanza: questo paese è l’Italia del Mezzodì…Quando si parla di briganti si pensa subito a tutte le leggende che noi abbiamo sentito ripetere: si pensa al trombone, al cappello a punta ai delitti terribili e alle grassazioni  più spaventevoli. Il brigante invece non era che un rivoltato: e fra i rivoltati vi erano, come vi sono oggi, i sofferenti, gli idealisti e i perversi”. (v. L.Franchi  - “Corrispondenza” – ORPI Napoli -2003).
Per quel che riguarda in particolare il nostro lontano compaesano “Pizzichicchio”, ecco cosa scriveva Nicola Gigante, all’epoca Presidente del Comitato Tarantino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, nella presentazione dello innanzicitato libro di G.Pichierri  : “””… un libro …una documentazione atta a reintegrare nel loro giusto ruolo i contadini borbonici che strenuamente combatterono e morirono e per fare migliore luce sulla figura del guerrigliero Cosimo Mazzeo..””
Mi piace chiudere questo primo punto con una poesia di Rocco Scotellaro, riportata in tutto o in parte su quasi tutti  i libri che trattano questa materia; la copia dal libro  ( a cura di Aldo De Jaco), per me un classico, “Il Brigantaggio Meridionale” – Editori Riuniti Roma – ristampa 1976.

    Non gridatemi dentro,
    non soffiatemi in cuore    
i vostri fiati caldi, contadini.
    Beviamoci insieme una tazza colma di vino!         
Che all’ilare tempo della sera    
    S’acquieti il vostro vento disperato.                
Spuntano ai pali ancora
    le teste dei briganti, e la caverna,            
l’oasi verde della triste speranza,
    lindo conserva un guanciale di pietra.        
Ma nei sentieri non si torna indietro.
    Altre ali fuggiranno dalle paglie della cova,
    perché lungo il perire dei tempi            
l’alba è nuova, è nuova.

2) – Se l’argomento del primo punto è complesso, questo lo è molto di più. Esso affonda le radici in quello e nella soluzione che ne fu data ed è ancora attuale. In termini moderni, si chiama “questione meridionale”. Per discuterne occorrerebbe riscrivere i tanti libri che sono già stati scritti. Però non voglio eludere il problema, perciò dico al mio giovane interlocutore, con tutto il rispetto che merita il suo pensiero, che non posso concordare con le sue conclusioni sull’argomento. I briganti non c’entrano con le decisioni di ordine socio-economico che furono adottate dopo la loro sconfitta e concordo invece con il più volte citato G.Pichierri, il quale conclude l’introduzione dicendo che “”…allo Stato liberale andò tutto l’incasso della vendita dei beni ecclesiastici che fu trasferito al nord, invece di spenderlo nel Meridione in opere sociali e per la riforma agraria, come, invano, Liborio Romano aveva suggerito e programmato…””
Il problema è che la Storia la scrivono i vincitori e non i vinti. Per quel che mi riguarda, per meglio comprendere quel periodo della Storia del nostro Paese, ho confrontato i testi “sacri” con qualche testo “profano” e non è stato tempo perso. Mi riferisco ai libri di Lorenzo Del Boca, editi da Piemme,  “Maledetti Savoia” – 1998 e “Indietro Savoia” -2003; e, come contraltare, il libro di Antonio Spinosa (a mio giudizio, autore di evidenti simpatie monarchiche) “”Vittorio Emanuele III – L’astuzia di un Re”” -ed. A.Mondadori -1990. Con tanta simpatia verso il giovane Emilio Piccione, con cui spero di avere occasione di chiacchierare.-

Cosimo De Padova  
Arbereshe di San Marzano

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