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Santuario Madonna delle Grazie

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Il Santuario e il suo ambiente

Situato nella zona orientale del capoluogo jonico, il Santuario della Madonna delle Grazie di San Marzano è uno dei rari luoghi culturali rupestri del territorio, che resta vivo e frequentato.
Il Santuario rupestre, attualmente, non obbedisce a precisi schemi bizantini a causa di adattamenti per la particolare natura della roccia; mentre il corredo pittorico si attiene a stilemi iconografici ricadenti la stagione vetero-bizantina. In un paesaggio formato da una piattaforma solcata da gravine che si allargano in pianori infossati e vallette circoscritte, dette lame, si trova la Chiesa rupestre della Madonna delle Grazie inserita entro una lama dalla profondità di cinque metri nel punto più alto. La Chiesa si affaccia su questa lama dall’aspetto suggestivo e dalla forma particolare che si caratterizza per la presenza di molte grotte di varie dimensioni che si aprono sui suoi costoni.

La cripta, a mt. 102,3 s.l.m., ha un fianco sulla lama ed è delineata tra due incisioni che unendosi, a mt. 98,6 s.l.m., confluiscono in un canale più grande formando una Y al cui centro essa si trova.
Lo scorrere delle acque lungo la lama aveva procurato l’incisione del terreno in maniera verticale, quindi dal nuovo piano di calpestio, scavando orizzontalmente, si aprì l’accesso proseguendo lo scavo nell’ambiente interno. Rinvenimenti archeologici attestano in questo territorio una lunga frequentazione umana, a partire dall’Età del Bronzo finale in cui si datano alcune tombe a “grotticelle”, poi utilizzate a scopo abitativo nel Medioevo, situate nei pressi dell’entrata del Santuario stesso.
All’età ellenistica, invece, risalgono alcuni rinvenimenti di ceramiche a vernice nera.
La lama dal 1478 porta il nome “San Giorgio”, probabilmente derivante dalla dedicazione al santo dell’ipogeo rupestre, che sorge nell’agro appartenente dal 1530 a San Marzano. Nel periodo post-tridentino viene dedicato alla Madonna delle Grazie.
Sulla Chiesa ipogea e sul territorio circostante vi sono tracce di presenza di un piccolo insediamento rupestre di età medievale, costituito esclusivamente da abitazioni in grotta, nel quale l’ipogeo era l’elemento promotore del fenomeno insediativo, infatti nei pressi di strutture religiose sorgono ragioni di esistenza proprio per l’impulso propulsivo economico che si viene a creare, facendo del Santuario rupestre il cardine della vita religiosa, economica, culturale e civile delle genti, ieri come oggi.
Questo centro rurale con abitazioni in grotta ha una vita prospera, almeno fino al 1300 per poi decadere e spopolarsi.
Perché si spopola? Nel XVI secolo vi sono epidemie, carestie, guerre, mortalità infantili, denatalità… provocando il calo demografico, che unito all’abbassamento dei prezzi e la poca resa dei prodotti, costrinse l’allontanamento dalle campagne, nonostante l’incentivo con l’esonero dalle tasse per coloro che tornavano nei casali abbandonati.
Dopo lo spopolamento si perde memoria dell’ipogeo, infatti nel Post-Tridentino, nella minuziosa descrizione della sua visita pastorale, l’arcivescovo di Taranto Lelio Brancaccio non menziona affatto il santuario, ritrovato o scoperto, secondo la tradizione, dai coloni albanesi, guidati dal capitano Demetrio Capuzzimati, durante l’opera di dissodamento delle terre del feudo.
Secondo una leggenda, invece, il santuario venne scoperto miracolosamente da un cavaliere, guidato dal suo cane dinanzi all’immagine della Vergine. In seguito alla scoperta sarebbe sorta una lite tra il territorio di Grottaglie e quello di San Marzano, sul cui confine vi è il santuario. Gli abitanti del vicino paese di Grottaglie volevano dimostrare che quell’ipogeo miracoloso appartenesse al loro territorio; ma, secondo la leggenda, la cripta sarebbe appartenuta alla cittadina a cui la Vergine avesse rivolto lo sguardo… e vinse la disputa San Marzano che nel XVII secolo costruì nuove strutture.

Cenni sulla storia del Santuario

Sull’evoluzione della costruzione, non essendoci fonti chiare, dagli studi  si evince questo probabile succedersi di lavori intrecciati. La costruzione della chiesa ipogea avviene, a partire dell’XI secolo, in due periodi: il primo fino al secolo XV probabilmente con la dedicazione a San Giorgio e il secondo dal XVI secolo fino ai nostri giorni, dedicato alla Madonna delle Grazie; ma agli inizi del ‘700 il complesso era compiuto, infatti la chiesa viene citata ufficialmente in un documento del 1709 localizzandola a circa tre chilometri dal centro abitato di San Marzano, attestando un fabbrico per cui si entra nella Madonna delle Grazie.
Oggi l’ipogeo ha una forma approssimativamente quadrangolare, scavato per successive gallerie partendo dallo spalto meridionale della lama. Vi sono segni di una lunga storia costruttiva durante la quale mutano radicalmente la configurazione spaziale e liturgica. Infatti, ci sono tre accessi di epoche differenti, al fine di adeguare l’organismo religioso alle nuove esigenze che si presentavano; due si aprono sull’unico fronte esterno che prospetta sulla lama (il grande primitivo segna una croce sulla sinistra e tracce di affreschi sulla destra; mentre il piccolo, realizzato per le cappelle funerarie e murato quando si fusero ambedue gli scavi, viene riaperto con gli ultimi restauri per il Giubileo del 2000) e il terzo collega l’ipogeo con la chiesa soprastante.
Dopo la formazione della scala interna che porta alla cappella superiore, probabilmente, gli ingressi dalla lama furono trascurati e con vari detriti automaticamente chiusi; in seguito recuperati con la riscoperta del ‘600 e con i lavori di restauri alla fine del XX secolo. Nei secoli XI-XII dall’ingresso grande viene scavato l’ipogeo per creare il vestibolo, l’aula per l’assemblea, il naos con l’altare (è evidenziato da una pseudo-cupola costituita da ghiere – cerchi – concentriche con al centro una croce greca per sottolineare il carattere sacrale indicando il sopra altare) e le nicchie di servizio ai fianchi dell’altare, secondo lo schema liturgico di ispirazione bizantina (l’altare a oriente).

Nei secoli XII-XIV si crea un secondo scavo separato dal primo e con ingresso autonomo per uso funerario; quindi creando dei corridoi con delle nicchie-cappelle laterali, ultima delle quali a sinistra è l’attuale Vergine con Bambino. Alla riscoperta del luogo ci fu una ripresa del culto religioso e particolarmente mariano; l’ipogeo fu ristrutturato e, poiché il ritrovamento fu ritenuto miracoloso, ci fu l’accorrere di molti fedeli dai territori circostanti e nacque l’esigenza di una costruzione più ampia. Infatti inizialmente l’ipogeo aveva una pianta molto diversa: oltre alla chiesa nella quale vi è San Giorgio e Santa Barbara, nella vicina grotta nascevano cappelle funerarie; l’ultima era decorata con l’immagine della Vergine con il Bambino. Forse proprio il monolite con l’immagine della Vergine in fondo a questa grotta rese il ritrovamento miracoloso. Quindi la ristrutturazione si basò su questo evento, abbattendo la parete rocciosa che divideva la vecchia chiesa di San Giorgio con la vicina cappella funeraria e cambiando la denominazione.
A prescindere dalla tradizione o dalla leggenda, verso la fine del XVI secolo, al ripopolamento di San Marzano avviene la scoperta dell’affresco della Vergine col Bambino. Da quel momento inizia una nuova stagione di fervore religioso e l’ipogeo diventa un importante santuario mariano. Si riapre il cantiere di scavo e, per oltre un secolo, si susseguono i lavori, riportati a questo periodo, come prova il ritrovamento di una campana datata 1618. Nel XVII secolo vi è l’ampliamento del presbiterio della chiesa verso est, raddoppiando in lunghezza le tre celle e spostando l’altare in fondo al vano; altre ghiere evidenziano questo spostamento.

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