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San Giuseppe tra fede e falò, pane e tavole benedette

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C'è sempre grande attività nei  forni a legna del paese per cuocere in tempo il pane che il giorno della vigilia della Festa, alle ore dieci, dopo la benedizione nella Chiesa Madre di San Marzano di S.G., viene  distribuito  in piazza. E’ il pane benedetto, il pane di San Giuseppe conosciuto anche come “il pane dei poveri”.  Sin dalle prime ore del mattino, in diverse case  di San Marzano, il 18 Marzo di ogni anno, vengono preparate  le "madie" cariche di farina di grano pronta per essere impastata a mano, ancora come nella migliore tradizione di chi si dedica a fare il  pane casereccio, per poi essere  modellata in piccoli pani con sopra incise le iniziali “S.G.” del Santo Protettore.

Tutto, ogni anno, riporta a quella religiosità antica che passa proprio principalmente attraverso il rito del pane. Qualcosa che è sempre stato di quel mondo contadino dove il  pane, simbolo della provvidenza, ha sempre assunto anche quel valore della solidarietà e della carità cristiana. Una devozione quella a San Giuseppe che si traduce in un impegno  per la preparazione del  pane, o delle tavole benedette, spesso assunto anche per tutta la vita  per un  voto espresso al Santo, o per aver chiesto una grazia o, più semplicemente, per aver invocato ogni momento la sua protezione.  Per i sanmarzanesi, dedicarsi alla preparazione del “pane dei poveri”,  come anche delle  “tavole dei poveri”,  note  come  “mattre”,   è il miglior modo devozionale, già dei padri,  di onorare e imitare San Giuseppe,  il Santo giusto e caritatevole.   Quel pane e quei piatti rappresentano  la volontà di tramandare una fede più che una semplice tradizione.  Ecco perché  il pane e la  “mattra”  che faceva  la nonna  si perpetua, anche  nella  modernità,  come quel valore antico che, nella  tradizione della Festa di San Giuseppe, in  San Marzano, diventa anche l’identità religiosa di un popolo. Il pane e il cibo delle “mattre” di San Giuseppe, oggi sembrano lontani dall’utilità di dover  sfamare i poveri, come  realmente è accaduto  sino alla fine del secondo conflitto mondiale, quando molti  pellegrini  di alcuni comuni  vicini il giorno della festa arrivavano in paese, a piedi,  con la  speranza di riempire le bisacce vuote con  qualche pezzo di pane  o con  un piatto di pasta da portare nelle proprie case per i propri  figli. E non è che agli abitanti  di San Marzano il gesto di dare ad altri, a quei tempi,  non costasse sacrificio economico o  rinuncia alimentare.

Ecco perché oggi si va in piazza ancora per prendere quel pane e quel cibo  per distribuirlo agli ammalati, agli anziani e  per educare i grandi, i giovani  e i piccoli, al rispetto delle tradizioni e,  soprattutto,  al rispetto “della Grazia di Dio”. Già, perché ancora oggi  a nessuno è consentito di spezzare un pezzo di quel pane  o di assaggiare quel cibo senza prima aver recitato almeno una preghiera di ringraziamento a San Giuseppe. E sono le più belle  tovaglie ricamate a mano, e forse mai usate dalle mamme  pur di trasferirle integre dal loro al corredo delle figlie, che  coprono i pani nei cesti dopo che escono  dalla Chiesa, e sono anche le stesse tovaglie che coprono i bei piatti che imbandiscono le madie che il giorno della Festa vengono portate nella piazza principale del paese. Piatti colmi di “pasta fatta in casa” con  orecchiette e “pizzicarieddi”, insaporiti con il sugo di carne e adornati da  polpette e involtini confezionati  con gli ingredienti  di  sempre.  In ogni singola madia, al centro, tra i vari piatti primeggia un piccolo simulacro raffigurante un  San Giuseppe, contornato da grandi pani, finocchio,  arance e bottiglie di ottimo vino primitivo locale, meglio conosciuto come “lu mieru”.  Ma  la Festa di San Giuseppe a San Marzano è anche la  “Tavola dei Tredici Santi”, ancora,  come un tempo, perfettamente preparata nel segno della vera tradizione dalla Sig.ra Elena Vecchio.  E poi ancora la “processione delle fascine della  legna”  per la realizzazione del falò,  a cui  partecipano anche i numerosi carri trainati dai cavalli guidati dai carrettieri della locale associazione “Trainieri di San Giuseppe”. Un programma che nel suo significato primario è innanzitutto religioso, affinchè mai niente di un così importante evento proprio religioso possa cadere nel pericolo del folclore o essere assorbito  dalla spettacolarizzazione. Una Festa, quella del 18 e 19 Marzo, dedicata al Santo Patrono  che è anche Protettore della “Buona Morte”,  dei poveri, della  Sacra Famiglia,  del lavoro manuale,  dei falegnami, ma soprattutto di una comunità come quella di San Marzano  che ama il Suo Santo, il Padre Putativo di Gesù,  dal quale trae ancora, anche per ricorrenze come questa, veri  insegnamenti di vita cristiana.